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Patologie

Strategie nutrizionali in corso di pancreatite acuta.


mercoledì 3 giugno 2020


Strategie nutrizionali in corso di pancreatite acuta

La pancreatite viene definita come un'infiammazione a carico del pancreas, e viene generalmente classificata in acuta o cronica. La pancreatite acuta è una condizione relativamente comune nel cane, mentre nel gatto ad oggi la prevalenza non è ancora conosciuta

I principali segni clinici che si manifestano nel cane sono anoressia, vomito, dolore addominale, a volte febbre e diarree. Nel gatto invece questa patologia può presentarsi sia con una sintomatologia simile a quella canina sia con un decorso più subdolo e meno evidente con disidratazione, anoressia e perdita peso senza vomito e dolore addominale. Inoltre, nella specie felina la pancreatite è spesso associata a colangioepatite e infiammazione intestinale in una sindrome che viene definita "triadite".

Ad oggi sui fattori di rischio e sull'eziopatogenesi nel cane e nel gatto non ci sono ancora dei dati chiari ed univoci.

Tra i fattori di rischio maggiormente presi in considerazione rientrano una predisposizione di razza (schnauzer in miniatura, cocker spaniel, cani da pastore delle Shetland, Cavalier king e il gatto siamese), l'iperlipidemia, l'utilizzo di alcuni farmaci come il fenobarbital e il bromuro di potassio nel cane o le tetracicline e gli organofostati nei gatti, traumi e infezioni.

Alcuni autori mettono anche in correlazione lo sviluppo di pancreatite con alcuni fattori legati all'alimentazione tra cui l'obesità e l'assunzione di diete particolarmente ricche di grassi e carenti di proteine. Tuttavia, studi più recenti mettono in dubbio il legame tra diete ricche di lipidi e pancreatite bensì associano, nel cane, lo sviluppo di questa patologia più a cambi repentini di alimentazione (con passaggio rapido a diete più ricche in grassi) o a indiscrezioni alimentari come l'assunzione improvvisa di avanzi della tavola o di alimenti ad uso umano particolarmente grassi.

Anche sulla patogenesi ci sono ancora molti dubbi da chiarire, proprio per la sua estrema complessità ma, ciò che si sa per certo, è che la pancreatite si verifica in seguito all'attivazione prematura degli enzimi pancreatici direttamente all'interno delle cellule del pancreas con conseguente "autodigestione" del pancreas stesso. Questo in un soggetto sano non succede poiché l'organismo mette in atto alcune misure di sicurezza per assicurare che gli enzimi pancreatici non vengano attivati fino a quando non raggiungono il lume intestinale.

Le conseguenze di questa anomalia sono lo sviluppo, inizialmente locale, di edema, vasodilatazione, infiammazione e nei casi più gravi emorragia.

Con il perpetuarsi di questa situazione si sviluppa anche una forte infiammazione sistemica dovuta a una massiccia cascata infiammatoria con tempesta di citochine e ossidazione sistemica.

Nei casi più gravi il pancreas va incontro a necrosi con sviluppo di una pancreatite necrotizzante acuta, ipotensione e ipoperfusione sistemica, difficoltà respiratorie, insufficienza renale, coagulazione intravasale disseminata e morte dell'animale.

La maggior parte dei soggetti affetti da pancreatite acuta presenta sintomi severi che richiedono l'ospedalizzazione del paziente e in alcuni casi anche una nutrizione enterale attraverso l'uso di sonde rinoesofagee, esofagee, gastriche o digiunali.

Ma quale tipo di alimentazione va scelta?
Il trattamento dietetico di questa patologia è, ancora oggi, molto controverso e ci sono numerosi punti in cui i diversi autori entrano in conflitto.

Fino a qualche anno fa l'approccio tradizionale prevedeva di mettere a "riposo" il pancreas sospendendo acqua e cibo per almeno 48 ore o, in caso di persistenza del vomito, più a lungo, allo scopo di minimizzare la stimolazione e la secrezione pancreatica nonché di impedire l'aspirazione di cibo con conseguente polmonite ab ingestis.  Tuttavia, studi più recenti, suggeriscono che questo approccio non sia di alcun beneficio per l'animale e che in alcuni casi il digiuno, se prolungato, possa addirittura complicare la situazione. I pazienti, infatti, possono andare incontro a malnutrizione, riduzione della risposta immunitaria, alterazione della mucosa intestinale e traslocazione batterica e, nel caso della specie felina, a lipidosi epatica.

Le ultime linee guida suggeriscono, perciò, di reinserire l'alimentazione il prima possibile (se possibile entro 48 ore) e appena i farmaci antiemetici hanno fatto cessare il vomito.

Ma quale e quanto cibo va somministrato a un animale con pancreatite acuta?
L'alimento va reinserito molto gradualmente e deve essere iperdigeribile.

Innanziutto, è importante calcolare e somministrare le giuste chilocalorie. Ad oggi sono pochi gli studi e i dati a riguardo ma tutti gli autori concordano nell'evitare di somministrare un quantitativo di cibo che vada a coprire tutto il fabbisogno energetico giornaliero di mantenimento dell'animale. Le chilocalorie da somministrare andrebbero calcolate basandosi solo sulla RER (fabbisogno energetico a riposo) con l'equazione 70 x (kg)0,75. Inoltre, se l'animale è stato anoressico, bisognerebbe cominciare ancora più gradualmente con un quantitativo di cibo che copra un terzo di questo fabbisogno per i primi due o tre giorni, aumentandolo poi nei giorni successivi, e utilizzando un alimento liquido o semiliquido.

Per iniziare si potrebbero utilizzare dei fiocchi di latte (con ridotto contenuto di grassi) e riso in rapporto di 1:1, frullati per due o tre giorni. Se poi l'animale li tollera bene, passare gradualmente ad una dieta iperdigeribile commerciale o casalinga. Nel gatto i fiocchi di latte possono essere sostituiti con tonno al naturale o pollo, sicuramente più appetibili per questa specie.

I fattori nutrizionali chiave che andrebbero mantenuti in una dieta iperdigeribile per animali con pancreatite sono:
- Lipidi inferiori al 15% su sostanza secca nel cane, che inizialmente dovrebbe restare al di sotto del 10% soprattutto in animali obesi e/o con trigliceridi alti. Nel gatto, invece, non bisognerebbe superare il 25% su S.S. di grassi e scendere al di sotto del 15% in soggetti grassi o ipertriglicerici. Inoltre, i lipidi scelti dovrebbero avere una digeribilità superiore al 90%. Alcuni nutrizionisti prediligono acidi grassi a corta e media catena.
- Le proteine dovrebbero essere comprese tra il 15 e il 30% su S.S. nel cane e tra il 30 e il 40% nel gatto con una digeribilità superiore all'87%. Ovviamente se si somministra una dieta casalinga la fonte proteica deve essere particolarmente magra e alcuni autori suggeriscono di utilizzarne una "sacrificabile" ossia, che in caso di reazione avversa al cibo, possa essere eliminata dalle diete future.

Le fibre andrebbero reinserite in un secondo momento, prediligendo fibre come lo psyllum o verdure come le carote, cotte e frullate.

In caso di dieta casalinga andrebbero anche sospesi, momentaneamente, gli integratori multivitaminici e utilizzare solo integratori funzionali come gli antiossidanti, la glutammina, i probiotici ed eventualmente gli omega 3.

Quando il paziente è uscito dalla fase acuta si può tornare, gradualmente ad una dieta di mantenimento, che per ridurre il rischio di recidive, deve rimanere per lungo tempo iperdigeribile e con un ridotto/moderato contenuto di grassi.

Il piano nutrizionale dovrebbe prevedere l'aumento graduale delle kcal fino a coprire il fabbisogno energetico di mantenimento con il reinserimento graduale dei carboidrati, prediligendo quelli ad elevata digeribilità, e degli integratori multivitaminici.

Anche la fibra dovrebbe essere aumentata fino ad arrivare ad un massimo del 5% su sostanza secca, preferendo sempre quella di tipo solubile.

Infine, molto lentamente, si può provare ad aumentare nuovamente la quantità di grassi somministrati per arrivare ad una dieta a moderato contenuto di lipidi ( 12-16% su s.s. nel cane e 15-24% nel gatto) per facilitare l'assorbimento delle vitamine liposolubili ed evitare che il volume della dieta sia eccessivo.

Nel gatto si sconsiglia anche l'uso di diete iperproteiche, poiché sembra che anche le proteine vadano a stimolare il lavoro del pancreas.

Inoltre, è bene ricordare ai proprietari di evitare la somministrazione di snack, premietti commerciali o cibi presi dalla tavola. Se desiderano somministrare degli extra dovrebbero optare per frutta e verdura e, al massimo, biscotti secchi.

BIBLIOGRAFIA:
- Caroline Mansfield, Pathophysiology of Acute Pancreatitis: Potential Application from Experimental Models and Human Medicine to Dogs. J Vet Intern Med 2012;26:875–887
- Chan Daniel L. Nutritional management of hospitalized small animals, wiley blackwell, 2015
- Harris JP, Parnell NK, Griffith EH, Saker KE. Retrospective evaluation of the impact of early enteral nutrition on clinical outcomes in dogs with pancreatitis: 34 cases (2010-2013). J Vet Emerg Crit Care (San Antonio). 2017 Jul;27(4):425-433
- MS Hand, CD Thatcher, RL Remillard, P Roudebush & BJ Novotny. Small Animal Clinical  Nutrition 5th edition. ed.   2010, chapter 67


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